domenica 15 febbraio 2015

I giorni con l'elastico

Io ogni tanto mi guardo indietro, anzi per essere precisi ogni poco, ché sono una nostalgica, e la maggior parte delle volte vedo un sacco di giorni tutti uguali e molto noiosi, come se la mia vita scorresse su un piano inclinato di un grado o due. Una vita monotona, sì, ma tutto sommato neanche male; a me piace la routine perché mi dà sicurezza, sono sono un'insicura, sono come quei bambini a cui bisogna raccontare sempre la stessa storia, nella stessa maniera, con le stesse inflessioni nella voce. Invece poi a guardar bene ci sono purtroppo anche giornate diverse; quelle in cui il piano inclinato si è interrotto, quelle che mi hanno segnato e spezzato e poi fatto cambiare anche se non volevo, e in modi che non prevedevo. 
Ogni volta che devo fare i conti con le mie paure più grandi, con le mie ferite, ogni volta che credo di essermi allontanata da questi momenti, mi succede di essere tirata di nuovo indietro, di sentire come un elastico alla base della schiena che mi riporta a velocità supersonica nel mio letto all'ospedale, in camera coi miei mentre mio padre mi dice "la mamma ha il cancro" o nella stanza con S. che mi guarda in un modo per cui io so che è finita. Sono sempre lì, sono ancora lì. ed è come se tutta la strada percorsa non significasse niente, in un attimo l'elastico ti riporta da capo.
Però son testarda, anche da disperata; vado avanti lenta, ma vado. Fermare il mondo per scendere, come scrivevamo sulle smemo da ragazzini, non si può. Si va avanti, si tira l'elastico, si viene sparati indietro, si riparte, si arriva un po' più lontano, si ritira l'elastico, ancora un volo indietro, finché ad un certo punto, sono sicura, si sente un forte "SNAP!" e basta, l'elastico si è rotto, noi facciamo un sospiro di sollievo e via, abbiamo solo un sacco di vita e di sole davanti e tutta la notte dietro. 

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