lunedì 22 luglio 2013

Do you believe in life after love?

Sabato ero fuori con una mia amica e ci chiedevamo se c'è vita dopo l'amore; lei sostiene che c'è solo una cosa da fare. Prendi la tua storia e fai due mucchietti di ricordi, quello delle cose belle, che sono da tenere e da custodire, e quello delle cose brutte, che butti via e non ci pensi più.
Io all'inizio ho annuito con vigore e le ho detto sì, sì, hai ragione, si fa proprio così.

Poi tornando a casa ci ho ripensato bene e no, non sono d'accordo.
Bisogna ricordarsi tutto, anzi, occorre sforzarsi di tenere in primo piano le cose che non sono andate bene, che ti hanno fatto soffrire, che sono poi di solito gli atteggiamenti, i difetti e le mancanze che hanno portato alla fine di tutto.
Perché altrimenti tu resti lì, una domenica sera, a pensare a come sapeva di buono tizio, alle deliziose fossette di caio quando ti sorrideva in mezzo alla gente e alla sensazione di casa che ti dava l'abbraccio di sempronio, a sentirti stupida e incapace ad aver perso tutti e tre. Se invece ti sforzi, ti ricorderai che il primo era meraviglioso tranne il piccolissimo particolare di essere completamente senza cuore e senza pietà, che il secondo era inaffidabile come il culo di un bambino piccolo e falso come una puttana, che il terzo valuta le sensazioni più dei sentimenti e non è assolutamente pronto a lasciare la sua aurea indipendenza dal mondo intero per scommettere qualcosa su voi due. Così, e solo così, riesci a voltare pagina per andare avanti, senza che i ricordi ti sorprendano alla notte come ladri.

Lo so che sembra di calpestare margherite con gli scarponi chiodati, che è un po' meschino distruggere così tutto quello che c'è stato di buono. Ma non è l'unico modo per andare avanti senza rimpianti e senza quell'atroce senso di perdita ineluttabile? Per me lo è.

venerdì 12 luglio 2013

Come una patella

Ho sempre avuto, fin da ragazzina, questo difetto (che potrebbe sembrare un pregio, ma non lo è) di giocarmi sempre il tutto e per tutto nei rapporti. I muri di gomma non mi fanno paura. Prendo la rincorsa e ci sbatto contro, una, dieci, mille volte, un milione, due, tre, con lo slancio e le speranze della prima volta. Questo ovviamente comporta un enorme dispendio di energie.

Poi, senza troppe avvisaglie, arriva il giorno in cui davvero non ce la faccio più. Dopo l'ultima testata, mi volto e me ne vado. Spesso questo momento coglie di sorpresa anche me, è proprio come se mi cadesse dalle spalle uno zaino pesantissimo, e decidessi di andarmene lasciandolo lì.

E allora per un po' mi sembra di affogare, di non respirare, mi manca un pezzo e sono in ansia. Però (questo invece è innegabilmente un pregio) sono anche svelta ad aggrapparmi con tutte le mie forze ad ogni minima occasione di serenità.

Come una patella attaccata allo scoglio.

Resto qui, in mezzo al mare, tra il sole dei sorrisi e il sale delle lacrime, incollata alla mia roccia, aspettando che passi la tempesta. Mi godo la marea che si alza e si abbassa, raccolgo le idee, aspetto il mattino.