giovedì 12 settembre 2013

Io e te

Pensavo che mi sarei persa, a ritornare lì dopo più di due anni. Invece io, che mi perdo nella mia città anche se ci vivo da trent'anni, guido sicura verso quella che era casa tua, mi ricordo la svolta per l'appartamento dove stavi prima, per il supermercato, per la pizzeria che mi piaceva tanto, per la casa del tuo amico. Guido, mentre la voce del tomtom è un sottofondo rassicurante, ma inutile, è acceso per il gusto di sentire una voce più o meno umana mentre guido e piango. Ritrovo i miei pensieri e le speranze che avevo ogni volta, come se raccogliessi i miei sassi da pollicino previdente. Sassi taglienti, cha feriscono le mani.


 Ritrovo te, ancora più bello, ancora più lontano. Il lago scintilla come uno specchio al sole, e tu, per me, sei appena meno luminoso di lui. Io vorrei sembrare una persona risolta, cortese ma fredda, vorrei almeno sembrare così. Non riesco. Cerco di colmare distanze, di agganciare i tuoi occhi ai miei, ma tu sei sempre uguale, sfuggente e sicuro. Dio, come vorrei essere al tuo posto, almeno per un'ora. Essere io quella che si siede tranquilla, che guarda con quegli occhi sereni, imperturbabili, che compie solo gesti lenti, armonici, che parla a voce bassa, sempre uguale. Invece stiracchio lo spazio intorno a me, dondolo la gamba, cambio posizione, mi tocco i capelli, rido troppo forte, mi sposto frenetica, sono goffa e non so mai come cazzo stare. Ma neanche come cazzo stare al mondo, per dire.

 La notte è scura, davanti al lago color inchiostro. Tu ripeti le stesse parole, come per farle capire ad un bambino testardo (io). Io guardo l'acqua e l'unico pensiero minimamente coerente che ho è che vorrei dissolvermici dentro, come i cartoni animati nella salamoia.
Mi accarezzi come accarezzi i gatti (grazie, Zucchero). A me sembra che la mia anima salga sotto pelle per seguire la tua mano. Mi fai ridere come nessun altro. Mi fai piangere come nessun altro. Mi lasci a dormire da sola, ormai dovrei esserci abituata e invece no. Proprio no.

 La mattina è splendida, piena di sole, dalla finestra della mia stanza d'albergo non riesco quasi a guardare fuori perché il lago spezzetta e riflette la luce in mille raggi. Mi fai vedere dove vivi, e non c'è più il mio accappatoio di fianco al tuo. I gatti non mi riconoscono più, mi guardano diffidenti prima di avvicnarsi, mi annusano appena, si lasciano fare una carezza e poi vanno via. Riparto, torno a casa. Se sapessi quanto è strano dirti "torno a casa" quando l'unica casa che vorrei è tra le tue braccia. Mi sembra che il tuo sorriso ti si mozzi in gola. Non lo so, credo sia una mia proiezione.

 Accendo la macchina e vado. Ascolto i Cure. Accelero e vorrei volare via. Non ci tornerò più qui, non ho nessun motivo per tornare. Dio solo sa se lo vorrei. Ma ho raccolto da qui tutti i miei perché, io che mi credevo vittima e invece mi scopro anche un po' carnefice. Adesso lo so perché mi hai lasciato; se potessi mi lascerei anche io, guarda. Non posso mica darti torto. Proprio non posso.